Estintore Descrizione
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Vecchio estintore con maniglia e bombola propellente separata
Malgrado il fuoco sia sempre stato considerato un potenziale nemico, e si sia già nell’antichità lavorato per la riduzione dei rischi di incendio e per la realizzazione di mezzi di estinzione, l’estintore è un prodotto piuttosto recente, la cui invenzione risale al 1816 (George William Manby), ma la cui diffusione è assai più recente, a partire dagli anni 30 del XX secolo.
In precedenza esistevano sistemi portatili di estinzione di piccole dimensioni, costituiti in pratica da pompe a mano in grado di inviare a distanza getti d’acqua, ma si trattava di mezzi di scarsa efficacia, in quanto la potenza erogata da un uomo adulto, dell’ordine di 300 W, non consentiva un uso efficace dell’acqua, unico agente disponibile.
Lo sviluppo di agenti estinguenti diversi e la realizzazione di serbatoi leggeri e resistenti a pressioni elevate, che consentivano il lancio dell’agente estinguente a grande distanza mediante gas compressi, hanno permesso la realizzazione degli estintori come li conosciamo oggi.
Gli estintori rappresentano un elemento indispensabile per la sicurezza di qualsiasi edificio o veicolo a motore. Un estintore perfettamente efficiente può risultare più utile di tutti i mezzi presenti in un Comando dei Vigili del Fuoco: se impiegato tempestivamente e correttamente su un principio d’incendio, entro i limiti della sua capacità estinguente, consente di contenere i danni materiali e tutelare l’incolumità delle persone. Innumerevoli tragedie si potrebbero evitare con l’uso tempestivo di un estintore. Dove la legislazione di prevenzione incendi risulta carente, il buonsenso dei proprietari o utilizzatori di immobili e veicoli deve condurre all’acquisto di idonei estintori e alla loro manutenzione periodica tramite ditte specializzate, spese irrisorie se confrontate con l’entità del minimo danno che potrebbe verificarsi in caso di incendio. I servizi pubblici di Antincendio e Soccorso non garantiscono la tempestività del proprio intervento, subordinata ad imprevedibili eventi di forza maggiore, mentre le attrezzature antincendio in dotazione alle varie attività costituiscono strumenti di protezione immediatamente disponibili ed utilizzabili dal cittadino.
Costruzione
Figura 1: Sezione di un estintore portatile a polvere
Un estintore è in genere costituito dai seguenti componenti:
- Uno o più serbatoi, atti a contenere l’agente estinguente, il propellente o ambedue;
- Una valvola, atta ad intercettare e/o regolare il flusso dell’agente estinguente;
- Una manichetta, ossia un tubo flessibile che consente il facile indirizzamento dell’agente estinguente nelle direzioni opportune (questa può mancare negli estintori di piccola taglia, fino a 3 kg);
- Un agente estinguente che, spruzzato o sparso o comunque posto a contatto del fuoco, interagisce con questo spegnendolo o limitandolo;
- Un propellente, gas atto all’espulsione dell’agente estinguente.
Figura 2: Serbatoio per estintore portatile
In figura 1 è illustrato il tipo più comune di estintore, uno portatile a pressione permanente. Naturalmente fabbricanti diversi useranno forme diverse, ma i componenti di base restano gli stessi.
In questo modello, vi è un unico serbatoio A, in cui è posto l’agente estinguente D in una atmosfera di gas propellente. La valvola B, cui è connessa la manichetta C, è avvitata o comunque fissata in modo non permanente al serbatoio; su questo è apposta una etichetta E.
Il serbatoio (vedi figura 2) è normalmente in materiale metallico (acciaio o alluminio nella maggior parte dei casi), ottenuto per calandratura, imbutitura e saldatura o per estrusione, e poggia su una base 1b che può essere integrale al serbatoio o, come in figura, applicata esternamente, ma è comunque necessaria per consentire lo stabile appoggio a terra; la ghiera 1a, di solito filettata internamente, consente la connessione alla valvola.
Figura 3: Valvola di un estintore portatile
La valvola (vedi figura 3) è in linea di massima composta da un corpo, normalmente in ottone stampato, alluminio fuso o resine tecniche ad alta resistenza; un pulsante di azionamento 4b, una maniglia 4c un manometro (o altro indicatore di pressione) 4d, una sicura 4e per evitare azionamenti non intenzionali ed infine un pescante 4f.
Alcune caratteristiche sono comuni a tutti gli estintori, quali il colore rosso, la presenza di una maniglia di sollevamento, la sicura; altre sono specifiche degli estintori a pressione permanente, quali il manometro.
Principali agenti estinguenti
Nella pratica comune, gli agenti più comuni sono:
- L’acqua, tipico agente per raffreddamento che però, vaporizzando grazie al calore fornito dalla combustione, cambia di stato fisico in vapore, che ha una certa azione di soffocamento; recentemente sono stati realizzati sistemi di estinzione a nebbia (water mist), sostanzialmente degli spruzzatori di gocce estremamente sottili, tali da creare una sospensione in aria con forte rilascio di vapore d’acqua, avente effetto soffocante. Non tossica, poco costosa e facilmente reperibile, non è utilizzabile, tranne quella nebulizzata, nello spegnimento di fuochi di idrocarburi leggeri in quanto questi galleggerebbero sull’acqua, ristabilendo il contatto con l’ossigeno comburente e creando anche pericolosi fenomeni di boilover. Ovviamente non è utilizzabile su apparecchiature elettriche, elettroniche né a temperature inferiori a 0 gradi Celsius, salvo aggiunta di additivi anticongelanti.
- L’anidride carbonica, normalmente conservata in recipienti a pressione allo stato liquido, viene tuttora utilizzata efficacemente su apparecchiature elettriche in tensione e su fuochi di classe B e C. L’estintore, emanando anidride carbonica liquida (subito trasformata dal contatto con l’atmosfera in “neve carbonica”), il brusco abbassamento di temperatura (-78 °C) e la forte sottrazione di ossigeno e permettono di abbattere le fiamme con rapidità senza lasciare residui (i cristalli di neve carbonica sublimano dopo poco tempo). Di contro hanno una ridotta efficacia all’aperto, gittata limitata e nulla possono su fuochi di classe A. Richiedono una minima attenzione durante l’uso evitando di rimanere asfissiati per deficienza di ossigeno o, possibilità attualmente remota, di ustionarsi per shock termico. Sono fortemente controindicati su fuochi di classe D per rischio esplosioni o reazioni violente e su apparecchiature che risentano dello shock termico.
- L’estintore idrico, contenente una soluzione acquosa di prodotti schiumogeni denominati AFFF, acronimo di aqueous film forming foam, che uniscono il potere raffreddante dell’acqua alle capacità soffocanti della schiuma. Sono molto simili agli estintori a schiuma, variando nella composizione chimica e percentuale dello schiumogeno e muniti di una lancia a “doccetta”, necessaria per migliorare la sottrazione di calore. Hanno impiego principale sui fuochi di idrocarburi (classe B), di tessili, carta e legno (classe A), unendo l’attività raffreddante dell’acqua a quella isolante del film. A causa dell’alto contenuto di acqua (97%) possono provocare danni e incidenti durante l’uso su apparecchiature elettriche (anche se gli estintori, mediante particolari accorgimenti, possono a volte consentirne l’uso senza pericolo per l’operatore, entro determinati limiti di tensione e distanza minima). Inefficaci su fuochi di classe C, sono fortemente controindicati su quelli di classe D per sviluppo di gas infiammabili o tossici. Hanno gittata limitata ma in totale visibilità e tempo di scarica prolungato (qualche decina di secondi)
- Gli schiumogeni, in realtà poco usati negli estintori e molto più nelle installazioni fisse e sui grandi mezzi mobili di spegnimento, sono soluzioni acquose contenenti forti tensioattivi ed altri additivi (negli estintori la schiuma è unicamente di tipo AFFF). Attraverso una lancia, il liquido si espande miscelandosi con l’aria (effetto venturi), generando una schiuma leggera a bassa espansione in grado di galleggiare sugli idrocarburi ed isolarli dal contatto con l’aria, combinando l’azione di soffocamento col potere raffreddante dell’acqua. Sono usati quasi esclusivamente su fuochi di idrocarburi (classe B) ma vantano discreta efficacia anche su quelli di classe A. Totalmente inefficaci su fuochi di classe C, D, E; questi ultimi per rischio di folgorazione. Come per gli estintori idrici, hanno medesima gittata e durata.
Figura 4 : Estintore a tetracloruro di carbonio degli anni ’30
- Le polveri chimiche, sono probabilmente l’agente estinguente più usato. Hanno caratteristiche particolari, in quanto si modificano chimicamente per azione del calore e liberano gas inerti, dando un residuo incombustibile o addirittura attivo. La tipologia più diffusa, per la sua universalità d’impiego e l’elevata efficacia, è la cosiddetta polvere polivalente (conosciuta come polvere ABC – in grado di spegnere gli incendi di tutte le classi tranne la D); composta prevalentemente da fosfato d’ammonio in percentuale compresa tra il 40% (polvere standard) ed il 90% (alta capacità estinguente). Di uso limitato l’urea (polveri Monnex) e il bicarbonato di potassio (polveri Purple-K), denominate come polveri BC ad altissima capacità estinguente, sono utilizzate nell’industria petrolchimica e negli aeroporti per la loro eccezionale efficacia sui fuochi di combustibili liquidi e gassosi unita alla velocità di abbattimento; non efficaci su materiale solido. Di uso speciale il cloruro di sodio, efficace sui fuochi generati da metalli di classe D (sodio, magnesio, alluminio), che soffoca fondendo e ricostituendo una crosta impermeabile. Il bicarbonato di sodio è anch’esso un estinguente, prodotto base delle polveri BC ad ordinaria capacità estinguente, ormai in disuso. Rapido abbattimento delle fiamme, lunga gittata, buona durata e polivalenza rendono questi estintori i più diffusi sul mercato. Di contro vi è la limitata visibilità durante la scarica, l’irritazione delle vie aeree dovute al respiro di polveri durante l’uso (se poco addestrati in locali chiusi) e l’essere sporchevole (le microparticelle di polvere s’infiltrano dappertutto costringendo a una pulizia meticolosa per eliminarne ogni parte). Controindicati su apparecchiature delicate.
- Gli idrocarburi alogenati: Furono tra i primi composti estinguenti usati negli estintori, Alcuni modelli vennero messi in commercio già nei primi del Novecento, riempiti di tetracloruro di carbonio, successivamente rimpiazzati da agenti meno tossici e più efficaci, hanno avuto un momento di successo tra il 1970 e il 1990, per le loro caratteristiche di grande efficacia di spegnimento e totale assenza di residui. Sono sostanzialmente dei derivati paraffinici alogenati, composti da catene di atomi di carbonio legati ad un alogeno tra F, Cl, Br. Denominati commercialmente Halon seguiti da numeri di 3 o 4 cifre rappresentanti il numero di atomi, nell’ordine, di carbonio, fluoro, cloro, bromo. Quindi, il tetracloruro di carbonio CCl4 è detto Halon 104; l’Halon 1301 è un trifluoromonobromometano, l’Halon 1211 (nome commerciale BCF) un difluoroclorobromometano, l’Halon 2402 (nome commerciale Fluobrene) un tetrafluorodibromoetano. Messi al bando in tutto il mondo per la forte attività antagonista alla formazione dello strato di ozono stratosferico a seguito dei protocolli di Montréal e di Copenaghen, sono stati sostituiti dai cosiddetti HCFC (clorofluorocarburi idrogenati), di scarso successo perché molto costosi e con limitata capacità estinguente ma non dannosi per l’alta atmosfera, come il decabromodifeniletano.
Trasportabilità
Una caratteristica importante dell’estintore è la trasportabilità. Le cariche standard indicate più sopra devono essere compatibili con l’utilizzabilità dell’estintore; è evidente che non si può concepire un estintore di massa elevata utilizzato da un bambino o da una persona in qualche modo incapacitata. Le norme EN3 stabiliscono una massa limite di 20 kg per gli estintori, e questi vengono pertanto definiti portatili. A tale scopo le norme obbligano a dotare gli estintori di maniglie di sollevamento per un agevole trasporto, e basi di appoggio per un sicuro deposito.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati, per incentivarne l’utilizzo anche da parte anche di persone con menomazioni fisiche, estintori di tipo domestico dalle dimensioni ridotte e dal peso contenuto. Gli estintori di tipo domestico sono di piccole dimensioni, studiati e realizzati per essere tenuti in casa in posti facilmente raggiungibili. L’estintore domestico è un oggetto che, nonostante la sua grande utilità, non trova ancora ampia diffusione nel mercato (specie Italiano).
Oltre il limite di 20 kg (che in pratica limita la massa della carica estinguente a 12 kg per polvere, acqua e derivati, e a 5 kg per l’anidride carbonica a causa della bombola ad alta pressione), gli estintori sono in genere dotati di ruote in grado di consentirne il movimento a spinta o traino (in genere a mano); le norme in vigore ed in preparazione ne comportano l’obbligo. Gli estintori di questo tipo vengono definiti carrellati, ed hanno massa complessiva non eccedente i 100 – 125 kg. Oltre tale valore, si provvedono in genere gli apparecchi di sistemi di traino motorizzato, realizzando in pratica dei piccoli rimorchi, spesso omologati per uso stradale.
Metodo di impiego
Estintore a biossido di carbonio
Le norme in vigore definiscono l’estintore come un apparecchio a comando manuale. Nell’uso comune, e in accordo alla definizione qui sopra data, si possono considerare estintori anche altri modelli. Potremo quindi definire:
- estintori manuali quelli che richiedono l’azionamento di dispositivi posti sull’estintore stesso o su parti ad esso collegate stabilmente;
- estintori ad azionamento remoto quelli che possono essere comandati a distanza;
- estintori automatici quelli che sono azionati dal verificarsi di particolari cause (tipicamente l’aumento di temperatura).
Gli estintori ad azionamento remoto, impiegati in genere in zone di difficile accesso, possono essere comandati tramite sistemi di tiranti e rinvii (che però ne limitano la distanza di possibile azionamento), o mediante cariche pirotecniche che, di solito, causano la rottura di dischi ciechi con conseguente espulsione dell’agente estinguente. Gli estintori automatici intervengono autonomamente al verificarsi di particolari condizioni. La quasi totalità di questi ha sistemi di chiusura dotati di apparecchiature sensibili alle temperature; nei casi più comuni, fiale di vetro riempite da miscele di alcoli che cambiano stato fisico a temperature esattamente definite, facendo così esplodere la fialetta, oppure barrette costituite da due differenti metalli accoppiati la cui diversa dilatazione fa sì che a temperature definite queste cambino forma di scatto (bimetalli); in ambedue i casi si libera un otturatore la cui caduta consente l’espulsione, attraverso un orifizio, dell’agente estinguente.
È possibile combinare le due caratteristiche, ottenendo estintori automatici con possibilità di azionamento remoto. In tal caso, la soluzione tipica è rappresentata da una valvola con fialetta termolabile e comando per la sua rottura ad azione meccanica, tramite un percussore azionato dalla cartuccia pirotecnica e/o da un sistema a tirante. I modelli ad azionamento remoto e/o automatico sono impiegati in zone di difficile accesso o non presidiate; ad esempio le centrali termiche ed i vani motore delle navi. Alcuni modelli sono concepiti per la protezione dei quadri elettrici, degli armadi contenenti sostanze infiammabili e dei vani motore di autovetture e mezzi pesanti. Sono obbligatori, ad esempio, sulle vetture di Formula 1.